giovedì 3 gennaio 2013

Un capodanno un po' così

Potevano essere una bella fine dell'anno e uno splendido inizio 2013. Ma non avevo calcolato il tempismo neonatale verso lo sfracassamento zebedeale materno.

Dopo quasi 5 mesi di martirio, contavamo i giorni che ci dividevano da questa piccola vacanza in campagna. Sole, camino acceso, un bel calice di vino rosso e tanto, tanto sonno. Invece si è trasformata nella quattrogiorni più lunga della mia vita.

29 dicembre mattina, ore 9.00.
"Amore stiamo via pochi giorni, inutile sovraccaricarci. Prediamo due cose e via".

Tre ore e mezzo dopo giocavamo ancora a tetris con le valigie nel portabagagli, ET in modalità Allarme Attivo, e la signora della casa di fronte affacciata alla finestra che ci faceva ciao-ciao con la manina e un "siete penosi" stampato in faccia.

Alle 12.30 finalmente giriamo l'angolo. Mi allaccio la cintura. Ci guardiamo e domandiamo all'unisono: "il marsupio l'hai preso tu?"

Cinque minuti dopo, marsupio sul sedile posteriore, stesso angolo: "Oddio, mi sono dimenticata l'anello sul lavandino. E se cade?"
"E chi dovrebbe farlo cadere?"
"Non lo so, l'aria."
Non mi ha nemmeno risposto. Siamo tornati a prenderlo.

"Ok, ora abbiamo tutto?"
"Portafogli: preso. Anello: ora ce l'ho. Carrozzina e ovetto: sì. Vittorio: urla quindi c'è. Cambietti: per un mese in Antartide. Ok, dovremmo avere tutto."

Stiamo per attraversare il ponte e io sussurro timidamente... "La copertina di pile di Vittorio..."
"EEEEddai la copertina no! È bagnata sullo stendino! No dai non torno."
"E se si ammala? La facciamo asciugare in campagna..."

Un'ora dopo e umidità nell'abitacolo al 99%, eravamo al primo autogrill dell'autostrada con un GranPraga tra i denti e una confezione di ovetti Kinder da 12 sotto il braccio. Da qui dovevo immaginare che la situazione non sarebbe potuta migliorare.

Eppure le premesse c'erano tutte. Siamo arrivati che era ancora giorno, l'aria fredda e frizzante, un cielo terso e azzurro intenso, l'odore di terra bagnata e di brace tipico dei paesi di campagna.

ET, che ha dormito tutto il viaggio, si sveglia non appena rallentiamo per entrare nella villa che ci ospiterà. Da lì in pratica non ha più dormito per quattro giorni.

Il 30 scorre lento e piacevole, una breve gita a Montepulciano, poi di corsa a prepararci per la cena. Trenta invitati, per lo più adulti. Buffet meraviglioso, servitù in livrea. ET in modalità IoNonMiDivertoMancoUnPo' Attivo. La cena si è svolta più o meno così: mentre tutti pasteggiano a champagne e finger food, noi tre mettiamo in atto il meccanismo a catena "io imbocco lui - tu imbocchi me - io imbocco te". Il tutto in anticamera, al buio, saltellando. Alla fine della cena sembravamo appena tornati dalla maratona di New York. A nuoto.

La notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio sto tentando di rimuoverla per non soffrire, ma ci vorrà del tempo. Abbiamo provato ad addormentare il disgraziato dalle 20 alle 23.30 senza successo. Alle 23.50, mentre gli altri si spostavano in giardino per il conto alla rovescia e i fuochi d'artificio, lui si è ricordato che in fondo "ok" ora aveva un po' di sonno.

La mezzanotte se n'è andata così. In una stanzetta al buio (di nuovo), con un gomito poggiato sul davanzale della finestra a guardare gli altri brindare, e l'altro braccio a dondolare la carrozzina del mostro. E sussurrarci "buon anno" nell'orecchio, piano piano.
Si è addormentato alle 00.02 e si è svegliato alle 4, cioè mentre ci infilavamo a letto in punta di piedi come la Pantera rosa. Non ha più dormito.
Alle 13 ci siamo ritrovati tutti intorno al tavolo di una tarda colazione di capodanno, gli altri belli riposati e noi ridotti come stracci. Vittorio sulle mie ginocchia, vestito con tutina bianca e rossa, bavaglino di velluto scarlatto e pantofoline in tinta con orsetti. Un batuffolo.
L'ho abbracciato e con un sospiro ho detto: "vabè dai, il peggio è pass..."

PRRRRRRRROOOOOOOTTTTTTTSSSSHHHHHPPPRRRRSSSSSSSSHHHHHH

Aveva l'espressione di chi viene colto con le mani nella marmellata. Un fiume di cacca dalla schiena ai piedi. Un'enorme macchia ambulante. Sulla tutina nuova del nonno, sui calzini, sulle orecchie degli orsetti. Sui miei pantaloni, sulle mani, sulla camicia.
Dalla tavola si è levata l'unica frase possibile: "speriamo non sia un anno di merda".

Un'ora, un bagnetto e un pianto infinito dopo, ET era di nuovo profumato e calmo in braccio al papà. Ma mugolava come il bassotto del nostro vicino.
"Non senti che versi strani che fa? Mi sembra anche un po' caldo".

39 di febbre. Il mostro. Il primo dell'anno si fa venire la prima febbre della sua brevissima esistenza. Alla faccia della copertina di pile.

39-tachipirina-36-39-tachipirina-36-39-tachipirina-36.

Un ciclo che non si è ancora interrotto. E intanto lui mugola come il bassotto del vicino. Vocalizza. Piange. Poi ride. Gioca, urla, si guarda intorno. Si gira e rigira nella culla. Mi osserva, gli occhi rossi e lucidi fissi nei miei, in silenzio. "Guariscimi, madre". Un alieno malaticcio. E io lo amo.



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