venerdì 10 maggio 2013

Il corso di acquaticità per neonati

Quando è tornata la primavera, con le sue giornate tiepide e il sole alto, mi sono fatta coraggio e ho portato di nuovo Vittorio in piscina. Al corso di acquaticità.

Quando l'avevo iscritto era bastata una sola lezione, la prima mezz'ora in ammollo, per riportarmelo a casa malaticcio e catarroso come un vecchio di ottant'anni. Da lì si era innescata una catena letale di febbriciattole che ci siamo amabilmente tramandati in famiglia per un mese abbondante. Mi ero ripromessa che non gli avrei fatto rivedere l'acqua (nemmeno quella del bagnetto, con sdegno di nonna e tata) finché non si fosse finalmente rimesso un po' in sesto.

Insomma rieccoci, con questo corso di acquaticità. Che meraviglia. Mio figlio in un'altra vita era un pesce. Uno scorfano, così a occhio e croce. Ma uno scorfano simpaticissimo e sorridente, sguazzante, gioioso, incredibilmente a suo agio nell'acqua.

Guarda i giochi di luce con meraviglia, osserva attento le gocce che gli scorrono addosso, giocherella con le palline colorate galleggianti che prova ad afferrare e gli sfuggono di mano. Insomma si diverte da matti e quando lo tiri fuori la sua espressione è: "già finito?".

Unico elemento un po' controverso è l'immersione. Il metodo adottato dalla nostra istruttrice - che guarda un po' si chiama... MARINA - non prevede segnali o comandi che abituino il bambino ad aspettarsi di essere immerso con la testa. Morale: il piccolo malcapitato viene preso alla sprovvista e appozzato, beve sei o sette litri di piscina, lo tiri fuori che annaspa e ha la faccia dell'urlo di Munch, e quando la lezione finisce ha una panza gonfia d'acqua che pare un gavettone di fine anno scolastico.

Se ve lo state chiedendo, la risposta è NO: non mi sento affatto una madre snaturata. Il corso di acquaticità aiuta genitore e figlio a stabilire un fortissimo legame di fiducia e un contatto fisico basato sull'istinto. Vittorio si affida a me, non ha paura e si lascia condurre verso l'indipendenza in acqua (così come avverrà nella vita). Dalla prima lezione che imponeva di tenerlo stretto al petto per farlo sentire protetto, in soli tre incontri lui afferra con le mani i miei pollici e sgambetta per conto suo. No, non sa nuotare. Non è un corso di nuoto, è un corso di acquaticità. Che è diverso. Per farlo diventare Ian Thorpe c'è tempo.

3 commenti:

  1. Che bello! Uno scorfano, ma povero piccolo :p il mio compagno vorrebbe portarlo da subito! tu sai da quando si può iniziare a portare? (tanto nascendo in estate fa pure piacere un po' di piscina visto che non si faranno vacanze!)

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  2. A me hanno consigliato di portarlo una volta fatti i vaccini. A cinque o sei mesi è perfetto, così ricorda ancora vagamente come si sta nei liquidi.
    Vittorio ha cominciato a sei mesi ma essendosi influenzato subito (in realtà non per colpa della piscina) ci è tornato dopo molto tempo e ancora ha difficoltà ad andare sott'acqua. Prima cominci prima impara :)
    Comunque fatelo perché è bellissimo!

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  3. Non so nuotare, amo il mare, l'acqua e tutto quello che la rappresenta ed al tempo stesso ne ho paura. Ho amici che portano i figli,guardo le loro foto ed ascolto i loro racconti, ne sono estasiata e mi sento una "broccola" per non riuscire a farlo: gli sto trasmettendo la mia paura mi dico, ma anche portarlo io non migliorerebbe le cose, perché l'ansia passerebbe lo stesso. Cerco di compensare con dei corsi di nuoto ora che a tre anni.

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